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il primo febbraio 2021, l’esercito del Myanmar ha preso il potere con un colpo di Stato, proprio nel giorno in cui i vincitori delle ultime elezioni del National League for Democracy (Nld) di Aung San Suu Kyi si sarebbero dovuti riunire nella capitale Naypyidaw per l’inaugurazione del nuovo Parlamento. Le forze armate hanno contestato il risultato elettorale che ha visto il trionfo per la seconda volta della Lega nazionale per la democrazia di Aung San Suu Kyi. La Nobel per la pace ha chiesto al popolo di non abbassare la testa. Intanto è stata arrestata insieme a centinaia di altri membri del suo governo democraticamente eletto.
Nel 2011, dopo quasi mezzo secolo di dittatura militare, si erano svolte le prime elezioni libere. L’anno prima Aung San Suu Kyi era stata rilasciata dopo 15 anni di arresti domiciliari. Il Paese sembrava aver intrapreso una nuova strada. Questo golpe riporta indietro le lancette dell’orologio. Anche se nelle settimane prima del golpe, i militari avevano denunciato irregolarità nelle votazioni, affermando «di aver identificato milioni di casi di frode» minacciando di «passare all’azione» se le accuse di brogli non fossero state considerate dal governo. L’esercito aveva la legittima preoccupazione che con l’83% dei voti, la Suu Kyi potesse spingere per emendamenti costituzionali che li avrebbero indeboliti. Con un forza elettorale così schiacciante, infatti, la leader del Nld, al contrario del primo mandato, dove sostanzialmente non ha fatto nulla per provare a cambiare la situazione, avrebbe anche potuto non fare dei compromessi con loro. Nonostante si sia spesso parlato di un nuovo corso del Myanmar verso la democrazia, facendo di fatto aprire il Paese agli interessi occidentali, i militari hanno continuato ad avere un enorme potere, controllando la vita politica, economica e sociale della ex Birmania. L’esercito ha sempre mantenuto un potere incredibile. Basti pensare che il 25% del parlamento è riservato a loro indipendentemente dall’esito delle elezioni e controllano anche il ministero degli Interni, quello della Difesa e quello per gli Affari di confine, oltre a gestire vaste fasce di risorse naturali, che anche grazie alla guerra costante nelle zone etniche, gli garantisce privilegi unici.
Migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro il colpo di Stato di due settimane fa e la protesta prosegue nonostante gli sforzi del regime per sedare la rivolta.
Alcuni dei bambini accolti presso il centro Has Thoo Lei di Mae Sot, in Thailandia, sono originari proprio del Myanmar. Mae Sot infatti è una piccola cittadina sul fiume Moei, che delinea il confine fra la Thailandia e il Myanmar.
Ci auguriamo che la situazione in Myanmar possa cambiare e che il Paese possa riprendere il cammino intrapreso di recente, verso una maggiore libertà e democrazia.
Grazie per l’aiuto davvero importante ai bambini e ragazzi di Mae Sot in un momento così difficile!